Caso Froome, Wellens categorico contro gli inalatori: “Si chiama barare!”

Tim Wellens prende una posizione netta contro gli inalatori. Il corridore della Lotto Soudal prende spunto dal Caso Froome per tracciare una panoramica più vasta della situazione in gruppo, raccontando apertamente un uso eccessivo da parte di molti suoi colleghi. E questo fin dalle categorie giovanili, come racconta lui stesso, disegnando un quadro non proprio idilliaco di un movimento che in alcuni ambiti vive anche di espedienti per non infrangere le regole sfruttando quella che da più parti viene definita come “una zona grigia”.

Da parte sua invece un rifiuto netto, anche a costo di compromettere le sue prestazioni. Un esempio durante lo scorso Tour de France, quando decise di non accettare del cortisone, per il quale avrebbe potuto avere una autorizzazione, finendo poi per doversi ritirare dalla Grande Boucle. Un episodio certamente emblematico del suo pensiero, che gli permette anche di valutare le reazioni del pubblico.

“Molti mi fanno i complimenti – spiega a RTBF – Ma c’è sempre chi mi dice che sono stupido a non utilizzare alcun prodotto e questo è un peccato. Credo che la nuova generazione non usi questo tipo di prodotti che, ok, non sono proibiti, ma non per questo andrebbero usati. Sono prodotti che aumentano davvero le prestazioni e mi piacerebbe che ci fossero nuove regole. Personalmente, sono contrario e il 90% delle persone mi capiscono e mi applaudono”.

Anche tra colleghi è un argomento di cui si parla, che il belga conosce sin dai tempi delle giovanili, quando oltre il 60% dei suoi compagni di squadra avevano un inalatore. “Cinque su sette dei miei compagni ne avevano uno – racconta – Posso accettare che una persona ne abbia bisogno, ma non cinque su sette”. D’altro canto, quando il beneficio è di “migliorare del 7-8% la propria capacità respiratoria“, restando nelle regole, non bisogna soprendersi se alcuni si lasciano prendere la mano. Il numero è “enorme” a sentire Wellens, che sottolinea come “sono in molti ad utilizzarlo”.

“Io sono contrario – rilancia – Non voglio migliorare la mia respirazione del 7% in questo modo. Oltretutto, credo che quando cominci ad utilizzarlo, dopo non riesci a vivere senza. Mi rifiuto di essere dipendente da queste cose. Quindi, sono nettamente contro. Se il pubblico sapesse quanti corridori usano un inalatore… Poi, a volte è anche una cosa mentale…”

Nel racconto del corridore della Lotto Soudal, anche la decisione del fratello di smettere con il ciclismo proprio a causa di alcuni problemi respiratori, che avrebbe dovuto risolvere usando prodotti altrimenti dopanti, che avrebbero potuto nuocere alla sua salute. Yannick Wellens decise dunque di chiudere con il ciclismo, rinunciando al suo sogno. Un esempio che si ritrova negli atteggiamenti del più giovane Tim, decisamente intransigente sulla questione.

Vorrei che la questione sia nero o bianco, non grigio – aggiunge – Sappiamo tutti che un prodotto come il cortisone, che si trova nella zona grigia, provoca molti benefici in termini di prestazioni fisiche. Quando i corridori lo utilizzano è evidentemente un problema: si chiama barare! A volte, perché uno è malato, non si ha scelta e bisogna utilizzarli. Ma si può anche decidere di smettere”.

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